Il Master Management dello spettacolo dal vivo di Treccani Accademia forma nuove figure professionali capaci di coniugare competenze artistiche e gestionali, visione culturale e strumenti manageriali. Presidente del Comitato Scientifico del Master è Filippo Fonsatti, Direttore del Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, una delle più importanti istituzioni teatrali italiane ed europee. Con lui abbiamo parlato di professione, gestione d’impresa e innovazione nello spettacolo dal vivo, ma anche dell’importanza di formare nuove generazioni di manager culturali.
Quali sfide e opportunità caratterizzano oggi il lavoro di chi dirige una grande istituzione teatrale?
Dirigere oggi un teatro, lirico o di prosa, di interesse pubblico richiede competenze trasversali, poiché i fattori esterni di condizionamento sono in continua evoluzione. Il ruolo e le responsabilità in capo alle istituzioni dello spettacolo dal vivo sono sempre più ramificati, soprattutto se si guarda alle sfide e agli obiettivi dati dai soggetti istituzionali di vario grado che galleggiano sull’orizzonte del 2030. Almeno a prima vista, arte, cultura e spettacolo sono oggi considerati come mezzi orientati alle comunità, alla loro educazione, alla loro coesione sociale, all’inclusione e alla diffusione dei valori di sostenibilità che l’Occidente sta cercando di utilizzare come timone nella progettazione del proprio futuro: i Sustainable Development Goals dell’Agenda ONU 2030 restano al momento la rotta teorica di sviluppo dell’emisfero occidentale ed è ormai parte del sentire comune che intorno alla parola ‘sostenibilità’ (ambientale, sociale e gestionale, seguendo i parametri ESG) ruoti buona parte del nostro futuro. Un manager che voglia assumersi responsabilità nella gestione di un organismo dello spettacolo dal vivo dovrà inevitabilmente conoscere questi orizzonti e gestire al meglio gli strumenti per orientare le strategie aziendali, affrontare le sfide, cogliere le opportunità, e soprattutto per abilitare gli artisti ad esprimere al meglio la loro creatività in tale contesto.
La sua carriera è strettamente legata al mondo del teatro e delle istituzioni culturali. Quali sono stati i passaggi fondamentali che l’hanno portata a dirigere il Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale?
Nella prima parte della mia carriera ho lavorato per vent’anni in una fondazione lirico-sinfonica con varie funzioni, da professore d’orchestra ad assistente del sovrintendente, quindi sono approdato nel 2008 alla direzione del Teatro Stabile di Torino. Il mio percorso professionale è un’evoluzione orientata dalla curiosità, dalla motivazione, dalla formazione continua, dalla capacità di coniugare il sapere, il saper fare e il saper essere. I passaggi fondamentali sono sempre coincisi con il completamento di specifici corsi di studio: innanzitutto il diploma di Conservatorio, che mi ha consentito di vincere concorsi come membro stabile di orchestre sinfoniche e liriche; quindi la laurea in Lettere moderne con una tesi in Storia della musica, che mi ha dato gli strumenti per entrare a far parte della direzione artistica e di produzione di un teatro lirico; infine il Master in Business Administration (MBA), che ha consolidato e suggellato accademicamente le mie competenze gestionali, amministrative, giuridiche e finanziarie per assumere con la dovuta consapevolezza la direzione di un istituzione culturale di rilievo nazionale.
Lo spettacolo dal vivo richiede un equilibrio delicato tra sostenibilità economica e qualità artistica. Quali strumenti manageriali ritiene indispensabili per raggiungere questo obiettivo?
Oggi ai teatri viene chiesto di favorire la creatività contemporanea, di realizzare programmi che comportino l’assunzione di un significativo rischio culturale, di generare posti di lavoro qualificati per artisti e tecnici, di programmare sempre più intensivamente l’attività, di raggiungere la saturazione delle platee. Ma è innegabile che questi obiettivi dovranno sempre più spesso farsi specchio di linee di sviluppo macroscopiche che pongono nuovi parametri di valutazione capaci di combinare qualità artistica e sostenibilità economica. Dunque, in questa fase storica, ribadisco che, per chi lavora nel nostro campo, è più che mai importante avere competenze trasversali, soprattutto capacità di definire una missione a medio e lungo termine compatibile con strategie emergenti e allo stesso tempo capacità di motivare le risorse umane e gli artisti per coinvolgerli nella costruzione di una visione comune all’insegna dello sviluppo sostenibile non soltanto economico, ma anche ambientale e sociale.
Oggi uno dei temi centrali è la capacità di attrarre nuovi pubblici e, in particolare, i più giovani. Quali strategie sta mettendo in campo il Teatro Stabile di Torino per rinnovare e ampliare la propria comunità di spettatori?
Il concetto novecentesco di marketing è stato sostituito con il più aggiornato tema della partecipazione. Il potenziamento dell’impatto sociale dell’attività di un ente dello spettacolo dal vivo è sempre più strategico e deve passare per la moltiplicazione e la diversificazione dei canali di comunicazione e promozione. Un focus importante è stato fatto sul prodotto e sull’offerta, coinvolgendo la direzione artistica e gli artisti residenti e associati: anche nel proporre i titoli del repertorio, ricerchiamo un alto grado di innovazione, per stimolare l’attenzione, aumentare l’attrattività, sollecitare il dibattito, non solo da parte dei giovani, rafforzando in tal modo la nostra peculiarità e la nostra identità. Ma prima ancora che il pubblico raggiunga le sale teatrali, ci impegniamo a contrastare il fenomeno diffuso di povertà relazionale di persone con ridotte risorse economiche e culturali, favorendo la partecipazione e la costruzione di un sistema di offerta gratuito, inclusivo e delocalizzato, garantendo l’abbassamento o l’abbattimento delle barriere culturali, logistiche ed economiche di accesso, favorendo azioni mirate per i target più fragili della società che non possono per questo essere esclusi dalla fruizione delle attività. Sul fronte delle disabilità, stiamo potenziando servizi inclusivi utilizzando le tecnologie più avanzate destinate alla sopratitolazione con dispositivi fissi, mobili e wearable. La fruibilità delle produzioni da parte degli spettatori stranieri e degli utenti diversamente abili viene realizzata attraverso audio-introduzioni, audio-descrizioni integrali dello spettacolo, schede in CAA, visite tattili alle scenografie prima dello spettacolo. Le azioni per rinnovare e ampliare la comunità di spettatori sono in continua evoluzione e perciò occorre formare figure professionali propositive e attente a questa necessità di differenziazione e innovazione.
Quanto conta la costruzione di reti e partnership con altre istituzioni culturali, enti e imprese per far crescere e innovare lo spettacolo dal vivo?
Agire in rete è fondamentale, sia a livello locale, che a livello nazionale e internazionale. La coprogettazione, la coproduzione, il partenariato pubblico privato, la residenza creativa condivisa sono strumenti sempre più diffusi che consentono economie di scala, garanzia di circuitazione, accesso a bandi europei, approccio multi e interdisciplinare, visibilità mediatica, continuità occupazionale per artisti e maestranze scritturati. Soltanto unendo competenze, organici e strutture si può scongiurare il rischio dell’irrilevanza. E non sempre è facile trovare operatori che abbiano acquisito specifiche competenze nell’ambito dello sviluppo e gestione di reti e partnership.
Spesso il teatro viene percepito solo come espressione artistica, ma la dimensione manageriale è fondamentale. Perché è così importante, oggi più che mai, formare nuove figure capaci di integrare visione artistica e competenze gestionali?
In un contesto esterno che vincola tutti i soggetti che percepiscono un contributo da parte delle pubbliche amministrazioni al rispetto di norme sempre più stringenti relative a sicurezza, appalti, rendicontazioni, trasparenza, privacy, digitalizzazione, sostenibilità ambientale, ecc., la sola competenza artistica risulta oggi insufficiente e inadeguata. Sono tali le incombenze burocratiche, amministrative e gestionali che gravano su un’organizzazione complessa e articolata, anche per chi si occupa di progettazione e produzione artistica, che occorre quanto mai una nuova classe dirigente preparata ad affrontare in maniera “olistica” le problematiche connesse con la conduzione di un’istituzione culturale o teatrale.
Il Master Management dello Spettacolo dal Vivo di Treccani Accademia punta proprio su questa formazione “ibrida”. Quali sono, secondo lei, le competenze chiave che non possono mancare in chi vuole intraprendere una carriera nel management culturale?
Ovviamente non si può prescindere dalle competenze tecniche, che consentono di affrontare con piena consapevolezza temi come l’amministrazione e il controllo di gestione, le risorse umane e l’efficientamento organizzativo, la catena di approvvigionamento e la pianificazione della produzione, la partecipazione del pubblico e la comunicazione, il rispetto della trasparenza e della privacy. Tuttavia, ritengo che un buon manager culturale debba avere ottime competenze relazionali, una leadership autorevole ma sempre dialogante e in ascolto, capace di motivare lo staff e valorizzare le risorse, e soprattutto una visione lucida e ampia che possa adattare in tempo reale le strategie deliberate al mutamento repentino degli scenari, un atteggiamento mentale antifragile, che consenta alla struttura di superare ogni problema senza gravi conseguenze per la continuità aziendale.
Che consiglio darebbe a un giovane che desidera oggi entrare nel mondo dello spettacolo dal vivo, contribuendo non solo alla creazione artistica ma anche alla gestione e allo sviluppo delle istituzioni culturali?
Inviterei gli aspiranti operatori a riflettere sul fatto che le organizzazioni dello spettacolo dovranno trovare un equilibrio tra trascendenza e immanenza, tra connotazione e denotazione, tra impatto sociale e ricerca poetica, per cui dovranno essere consapevoli delle trasformazioni in atto, per garantire la rilevanza del nostro comparto in questo processo ed evitare di subire condizionamenti esterni sempre più forti (omologazione del gusto degli spettatori e dello stile degli artisti, contrazione delle risorse pubbliche, appesantimento burocratico, calo demografico, ecc.). Ci aspetta un decennio di grandi sfide, di conflitti, di scoperte tecnologiche e una rivoluzione di codici espressivi che oggi si è appena annunciata: occorre dunque tutelare il “saper fare” per garantirne l’evoluzione e l’aggiornamento. Il giovane operatore dovrà contribuire a migliorare le relazioni dello spettacolo dal vivo con le tecnologie digitali e contribuire allo sviluppo di modelli migliori per il loro utilizzo; e, soprattutto, dovrà lavorare sulla pluralità, favorendo e valorizzando i differenti approcci generazionali su ogni atto artistico. Ci sono temi, priorità e modelli di lavoro che non sono ancora emersi del tutto, ed occorre perciò prestarci attenzione con la curiosità dei giovani, perché da essi possono giungere modelli di lavoro davvero innovativi anche nel nostro campo.
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fotografia: Filippo Fonsatti ©photo Andrea Guermani
immagine in cover: Teatro Carignano Torino ©photo Pino Musi