Quando l’Art Curator è Project Manager

Gennaio 11, 2023

Interviste

Benedetta Carpi De Resmini è docente di Treccani Accademia per diversi Master dell’area Arte e Cultura. Dopo un passato come Curatrice presso il Museo MACRO di Roma è da qualche tempo la Direttrice di Latitudo Art Projects con la quale ha ideato il progetto Magic Carpets.

È una delle figure professionali che meglio declina il binomio Curatore/Project Manager e per questo abbiamo fatto due chiacchiere con lei.

Nel mondo dell’arte e della cultura di oggi, quali sono le nuove competenze necessarie a una Curatrice e a un Curatore?

Bededetta Carpi De Resmini

Le competenze tecniche e manageriali necessarie per diventare un curatore di arte contemporanea non possono essere riassumibili in una semplice risposta: sono tante e variegate. Ritengo però che alcune componenti fondamentali per fare questo mestiere siano la curiosità, la cultura e soprattutto la capacità di osservare ciò che avviene attorno a noi.

Il mondo dell’arte contemporanea è proprio per sua natura sempre più legato alla vita stessa, quindi il nostro modo di osservarla, di ricrearla o anticiparla in uno spazio non può essere legato a una competenza specifica ma a un’attitudine implicita che non è inscrivibile in una sequenza di fondamenti.

Quali sono i punti di contatto tra la figura professionale del Curatore e quella del Project Manager Culturale? Secondo lei, sono due figure sovrapponibili?

I punti di contatto tra la figura del Curatore e quella del Project Manager sono tanti e sicuramente sono figure che in qualche modo sono l’una il completamento dell’altra.

Il Curatore è uno dei mestieri che sfugge spesso alle classificazioni tradizionali e appartiene alla sfera dell’esistenza. Come dice Heidegger “curare” afferisce alla struttura fondamentale dell’Essere (in latino preoccupazione e sollecitudine): essere nel mondo, quindi essere fra gli altri. La cura è l’espressione del rapporto tra l’uomo e gli altri; è in questa definizione che possiamo individuare la sottile differenza tra il Curatore e il Project Manager. Perché il termine cura oltre a riferirsi alla sollecitudine e all’attenzione con la quale si svolgono in questo caso i progetti, si riferisce soprattutto alla tensione che si ha verso gli altri. Credo che sia proprio questa peculiarità che contraddistingue il mestiere del Curatore.

Il Project Manager ha per sua definizione un’attenzione nell’organizzazione dei singoli dettagli, quegli stessi dettagli ideati e “messi in relazione” dal Curatore.

Cosa richiede il mercato del lavoro al giorno d’oggi ad un manager culturale?

Il mondo del lavoro è sempre più competitivo e un manager culturale deve aprirsi ad altri mondi e porsi sulla soglia per cogliere le trasformazioni del panorama contemporaneo: è una sottile linea di equilibrio in cui deve soddisfare l’audience, riuscire a guadagnare il rispetto e la fiducia degli artisti e al contempo cercare di creare nuovo pubblico.

Parliamo di progettazione culturale in Italia: alla luce della sua esperienza internazionale, come è messo il sistema-paese Italia?

In ambito culturale si tende sempre a guardare con rammarico al nostro sistema paese, senza però guardare all’estero come un modello al quale ispirarsi. Ritengo che negli ultimi anni il Museo MAXXI questo l’abbia fatto e credo possa essere considerato un modello di progettazione culturale. È diventato un polo internazionale per l’arte e l’architettura del XXI secolo, un vero laboratorio di ricerca e di formazione di cui possiamo essere orgogliosi.

Dobbiamo quindi saper valorizzare il nostro patrimonio culturale non avendo paura di peccare di esterofilia, perché ritengo che se esiste un sistema che funziona meglio del nostro dobbiamo avere l’umiltà e l’intelligenza di saperne trarne il meglio.


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