Alla scoperta del lavoro curatoriale con Clara Tosi Pamphili

Il lavoro curatoriale è una parte fondamentale di qualsiasi progetto artistico. Senza di esso, le mostre e gli allestimenti che visitiamo e le performance alle quali assistiamo non potrebbero proprio esistere. Ma come funziona nella sua pratica? Come si è evoluto, e quali sono le competenze che richiede e le sfide che deve affrontare chi lo svolge? In vista della partenza del Master Curatela e Critica d’Arte, lo abbiamo chiesto a Clara Tosi Pamphili, tra le docenti del programma: curatrice, storica della moda e del costume e fondatrice di A.I. Artisanal Intelligence, ha lavorato con artiste come Vanessa Beecroft e Tilda Swinton.
In vista della partenza del Master Curatela e Critica d’Arte, lo abbiamo chiesto a Clara Tosi Pamphili, tra le docenti del programma: curatrice, storica della moda e del costume e fondatrice di A.I. Artisanal Intelligence, ha lavorato con artiste come Vanessa Beecroft e Tilda Swinton.
Di cosa si occupa una curatrice?
Una curatrice può svolgere il suo lavoro come freelance o essere interna ad una struttura museale, o un archivio, o una fondazione, quindi pubblica o privata. Ha un ruolo preciso: creare le condizioni perché un progetto espositivo si realizzi. Se è un suo progetto, una sua idea, ne deve valutare la fattibilità artistica, culturale ed economica per proporlo.
Va detto che non sempre questi parametri camminano insieme: ci sono idee meravigliose totalmente antieconomiche… Il lavoro fondamentale sta nel relazionare gli artisti con il luogo espositivo, accompagnarli sia in senso protettivo che critico. Deve conoscerli profondamente, assisterli nelle loro necessità produttive. Ha anche un ruolo di sostegno alla elaborazione dei testi, sia del catalogo sia della comunicazione.
Come è cambiato negli ultimi anni il tuo lavoro?
È cambiato soprattutto in funzione del rapporto con chi sostiene i progetti, gli sponsor. I progetti devono avere delle connotazioni che non sono più quelle dei business plan di qualche tempo fa. Oggi la tutela del risparmio energetico è più importante di altri dati.
Se un artista vuole realizzare qualcosa di eccessivo e che non rispetti alcune regole fondamentali va fatto ragionare o cambiato. Il resto é uguale: idea, moodboard concettuale, individuazione artisti, relazione con il luogo, allestimento, comunicazione.
Come hai iniziato a lavorare in questo settore?
Ho iniziato con una mostra nel 2005 che si chiamava TraIvestimenti sulla Sartoria Farani a Santo Spirito in Saxia a Roma, era la prima del genere che incrociava costume, cinema, tv, arte e artigianato.
Che cosa avresti voluto che ti insegnassero prima di fare questo lavoro?
La cosa più complessa: come si trova una idea.
Come ci si muove nel primo ambito del lavoro, la parte creativa, perché il resto é abbastanza intuitivo.
Ci racconti com’è stato organizzare la performance di Vanessa Beecroft a Palermo?
Mi sono occupata più della performance romana a Cinecittà, a Palermo relativamente. A Roma è stata un lavoro complesso soprattutto per la “grandezza” dell’artista e dello spazio, di Vanessa Beecroft e dello Studio 5 di Cinecittà (lo studio di Fellini, pieno di energia).
L’idea era di avere 300 donne nella performance che, come le altre, presupponeva che stessero ferme per molte ore. In quel caso il curatore pensa anche al servizio medico… È stata una esperienza fortissima, ma che rientra nella mia fortuna di aver incontrato donne straordinarie come Vanessa Beecroft o Tilda Swinton, con cui ho realizzato la performance Embodying Pasolini a Roma.