L’impatto della pandemia con la conseguente crisi economica che ha investito il settore culturale richiedono di ripensare le politiche culturali e sviluppare ulteriormente le strategie di fundraising.
Un esempio è il crowdfunding, che in Italia cresce molto rapidamente: soltanto nel 2020 infatti si stima che la raccolta fondi sia arrivata quasi a 400 milioni di euro, resistendo così anche alle vicissitudini che hanno investito e modificato il tessuto economico e sociale del Paese. Analizzando i numeri delle piattaforme di crowdfunding, salta subito agli occhi la crescita dei progetti di raccolta fondi relativi all’arte e ai beni culturali: basti pensare che 12 delle 68 piattaforme che operano in Italia sono dedicate esclusivamente all’ambito della cultura.
Un altro dato molto interessante riguarda l’ArtBonus, ovvero il regime fiscale agevolato per persone fisiche e giuridiche in vigore dal 2016 per le donazioni in favore degli enti e delle fondazioni culturali che si occupano dei beni artistici e architettonici, della promozione di musica e spettacolo, che ha superato i 500 milioni di euro raccolti.
Il crowdfunding digitale fa crescere il fundraising culturale.
Se nel 2020 il crowdfunding è cresciuto in Italia del 38% rispetto all’anno precedente, è facile attribuire questo risultato alla sensibilità degli italiani in merito all’emergenza sanitaria. Facile ma in parte sbagliato, perché la maggiore attenzione dei donatori nostrani è stata solo in parte rivolta alla sanità, mentre sono cresciute notevolmente realtà che riguardano progetti di raccolta fondi inerenti all’ambito culturale. Questo incremento è da attribuire alla crescita di un sentimento sociale positivo verso i beni comuni, ma soprattutto a una crescita quantitativa e qualitativa del settore: più organizzazioni che propongono progetti e maggiore competenza media degli attori coinvolti. Il crowdfunding, dunque, va considerato come uno strumento di fundraising non più innovativo e sperimentale, ma consolidato e indispensabile.
Beni culturali e nuove professioni: manager e imprenditori guardano al fundraising.
Ben vengano i lavoratori utili per la tutela e la conservazione dei nostri beni culturali, ma più che mai, oggi, le figure ricercate sono quelle legate alla raccolta fondi, alla promozione dei progetti culturali, alla progettazione dei bandi e dei finanziamenti collaborativi (su tutti il crowfunding di cui parlavamo prima), alla gestione delle agevolazioni fiscali. Il patrimonio culturale italiano, insomma, ha bisogno di figure professionali con competenze specifiche nella gestione del Fundraising culturale.
Nuove piattaforme di crowdfunding per la raccolta fondi in Italia.
Se il crowdfunding si è affermato in Europa come strumento indispensabile di raccolta fondi, il merito va anche alle piattaforme che hanno saputo offrire soluzioni digitali user-frendly. Una su tutte, da poco arrivata in Italia, si chiama IRaiser. Parliamo di IRaiser perché è la più famosa, ma anche perché possiamo collegarla a un evento che ricordiamo bene e che è accaduto ai nostri vicini d’Oltralpe: in seguito all’incendio della cattedrale di Notre-Dame a Parigi, la piattaforma ha raccolto donazioni per 15 milioni di euro in appena 48 ore, raddoppiando la cifra in appena tre settimane.
Considerando che il mercato italiano del fundraising è uno dei più floridi di tutto il Vecchio Continente – più di 7 miliardi di donazioni provenienti da privati e 1 miliardo dalle imprese – non c’è da stupirsi che IRaiser sia arrivato anche in Italia dopo aver aperto le sue sedi, dal 2012 ad oggi in ben 14 Paesi, con l’obiettivo dichiarato di rendere più efficiente la raccolta fondi delle organizzazioni nostrane e al tempo stesso di diventare protagonista di una trasformazione digitale che in questo settore (come in molti altri, certo) non ha saputo tenere il passo con i tempi e soprattutto con i cambiamenti che lo hanno accompagnato una in nuova fase di sicurezza e di trasparenza.
Master in fundraising culturale come opportunità professionale.
L’Italia guida la classifica UNESCO con 55 siti Patrimonio mondiale dell’umanità e detiene più della metà dei tesori d’arte del mondo, quindi ha bisogno di figure professionali capaci di sviluppare progetti e strategie di sostenibilità economica per iniziative culturali, valutare le fonti di finanziamento e le agevolazioni fiscali, attrarre risorse private e gestire raccolte fondi. Se le fonti di finanziamento pubblico sono sempre più scarse, negli ultimi anni è nata l’esigenza di trovare nuove strategie, nuovi strumenti e soprattutto nuove categorie di sostenitori. Come è evidente dai dati riportati nell’articolo Fundraising e strategie di sostenibilità per i musei pubblicato sul sito, il gap in fatto di fundraising culturale con gli altri paesi nel mondo è ancora molto grande: per rendere l’idea, i fondi raccolti da Tate Gallery di Londra ammontano a 32 milioni di euro all’anno, dal British Museum a 22, dal Louvre a 20, dagli Uffizi a 1,4.
Servono figure professionali capaci di attrarre risorse pubbliche e private, ancor più dopo l’impatto della pandemia e la conseguente crisi economica che ha investito il settore culturale che richiedono di ripensare le politiche culturali e sviluppare ulteriormente le strategie di fundraising.
Il Master executive Fundraising culturale prevede 6 weekend in modalità live streaming (oppure on demand) che permettono a ciascun partecipante di sviluppare capacità di progettazione su bandi, conoscere le modalità del finanziamento collaborativo a partire dal Crowdfunding fino alle sponsorizzazioni, con l’obiettivo di fornire gli strumenti per sviluppare progetti culturali in ottica di fundraising, sia istituzionale che corporate.