L’arte contemporanea produce volumi di affari che talvolta superano persino le cifre di quella moderna e classica. E ciò nonostante uno scenario internazionale spesso minato da crisi economiche e un mercato di riferimento che sembra correre sulle montagne russe, spinto com’è da battute d’asta record e poi frenato improvvisamente da prestigiosissimi lotti invenduti.
In questo contesto, la funzione dell’art dealer è certamente cruciale: un ruolo fondamentale, in grado di trasformare la passione per l’arte in un vero investimento.
Ma «non basta conoscere i numeri per garantire risultati», come ci spiega Matteo Bellenghi, esperto in mercato dell’arte primario e secondario, curatore di mostre di alto profilo (Andy Warhol, per citarne una) e da oltre 10 anni collaboratore assiduo di gallerie d’arte moderna e contemporanea, con un particolare focus su artisti dal secondo Novecento ad oggi.
Matteo, art dealer di comprovata affidabilità ed esperienza, offre assistenza e consulenza a importanti collezionisti, fondazioni e musei per l’acquisto e la vendita di opere d’arte in Italia e all’estero, perseguendo un unico fine: il collezionismo e la divulgazione dell’arte.
Con lui abbiamo cercato di fare chiarezza sulle dinamiche e sulle peculiarità della sua professione, analizzando più in generale un circuito, quello artistico, spesso accessibile solo a pochi eletti.
Che caratteristiche e quali competenze ha un art dealer di successo?
«Ogni professione che si rispetti ha sempre bisogno di studio e di aggiornamenti, in particolare quelle, come nel mio caso, in cui la persona svolge anche un ruolo da “garante”. Per approcciarsi all’attività di art dealer sono molto importanti discrezione, serietà ed elasticità mentale, uniti all’ottima conoscenza del mercato dell’arte, delle sue opere e soprattutto degli autori che si decide di trattare e proporre. È assolutamente fondamentale accertarsi sempre della provenienza delle opere».
Che differenza c’è tra un art dealer e un art advisor? E tra art dealer e un mercante d’arte?
«Di base l’art dealer è un mediatore: trova delle opere che coinvolgono due parti, l’una che cede e l’altra che acquista. Per certi versi la sua funzione è affine all’art advisor, che però è una figura più incentrata a consigliare collezionisti e a “gestire una collezione” (niente che un art dealer non possa comunque fare). Il mercante d’arte, invece, ha un ruolo diverso: dispone in prima persona di un nucleo di opere che vende e allo stesso tempo ne acquista altre utilizzando vari canali commerciali come aste, fiere o relazioni con altri mercanti».
Le piattaforme di investimento amplificano le opportunità professionali dell’art dealing?
«Negli ultimi anni arte e finanza sono sempre più in contatto, anche se nascono con due presupposti molto diversi. Importanti società di servizi e consulenza hanno iniziato a dedicare spazio all’analisi del mercato dell’arte, presentando dei veri e propri report su aspetti e tendenze rilevate a livello globale. Diverse banche, attraverso il segmento private, offrono poi la possibilità di investire parte del portafoglio in arte, anche se su questo punto a mio parere c’è ancora molto da lavorare: non basta conoscere i numeri per garantire risultati».
Nonostante il rischio speculativo, credi che le opere d’arte stiano diventando beni rifugio?
«”Bene rifugio” è un termine che sento legato da molto tempo al mondo dell’arte. Sono anche molto curioso di vedere la reazione post lockdown. Certamente l’approccio all’opera d’arte come bene da collezione è accostato al fattore speculativo: in fondo fa un po’ parte del gioco».
Si può realizzare una plusvalenza solo seguendo i trend di mercato, anche se di fatto non si è collezionisti?
«La storia del mercato dell’arte mi ha insegnato che bisogna attendere sempre il momento giusto per compiere un’azione. Per “momento giusto” intendo l’unione del proprio istinto con la visione generale data dall’esperienza. Una delle prime regole che ho acquisito consiste nel fatto che l’arte e il suo mercato non sono ancora stati del tutto regolamentati; per questo motivo ogni opera può arrivare a costare quanto un “cappellaio matto” dalle mani bucate ne stabilisca arbitrariamente il costo (basti pensare al Salvator Mundi di Leonardo). Sono molti i casi di persone che hanno acquistato e rivenduto guadagnando molto bene, ma esiste anche l’esatto contrario. Ad esempio, in questa particolare situazione di “limbo” dovuta alle conseguenze dell’emergenza sanitaria, può essere il momento di acquisire opere a prezzi ragionevoli e di “osservare, ascoltare…”».
La sua expertise da storico dell’arte “rassicura” i clienti dal rischio di falsi?
«Personalmente sono contrario nell’adoperare il termine “expertise”, mi spiego meglio. Le opere di arte moderna e contemporanea sono o meglio dovrebbero essere tutelate da archivi, associazioni o fondazioni che rappresentano l’artista, garantendo l’autenticità delle opere mediante autenticazione e numero di archiviazione. Tuttavia ci sono stati problemi relativi ad alcuni archivi che a causa di vari disguidi hanno generato incertezza, inclinando di conseguenza il mercato dell’artista. In quanto art dealer, io posso certamente produrre una ulteriore documentazione di lecita provenienza di un bene, aggiungere se ci sono state pubblicazioni su cataloghi o esposizioni di prestigio e verificare che i documenti di archiviazione siano corretti, ma se c’è un ente di riferimento l’autenticità dell’opera nella maggior parte dei casi è stabilita da quest’ultimo. Conosco la situazione di alcune opere di un noto artista ritenute autentiche da sentenza di tribunale, ma non dal suo stesso archivio. In un caso del genere, a chi affidarsi?».
In che modo effettua la stima di un’opera?
«La stima di un’opera è una delle parti più complesse ma interessanti, anche perché capita di frequente che opere dello stesso artista, dello stesso periodo e anche delle stesse misure abbiano quotazioni diverse. Stato di conservazione, provenienza, esposizioni, pubblicazioni, presenza ridondante sul mercato sono tra i fattori principali che aiutano a trovare una stima corretta in rapporto al mercato dell’artista».
Come si sceglie l’opera da comprare? Gusto personale o solo esigenze di business?
«Non c’è mai un vero e proprio criterio di scelta, il gusto è e deve essere fra i fattori principali che portano a un acquisto. Conosco collezionisti che hanno fatto scelte diversificate, unendo opere molto importanti e costose insieme ad altre interessanti ma meno quotate (oggi, domani chissà). Il vero collezionista non si pone il problema del prezzo. Diverso è il cliente che decide di comprare solo per business: in questo caso ci vuole molta attenzione anche perché non gode del privilegio della sensibilità del collezionista. Ci può arrivare, ma con molta pazienza e dopo aver preso confidenza con l’ambiente».
Il mercato dell’arte offre grandi opportunità professionali, accanto ai ruoli più tradizionali stanno nascendo nuove professioni. Si registra la crescente esigenza di adozione di approcci manageriali e visione strategica al fine raggiungere obiettivi di business sempre più sfidanti. L’offerta formativa di Treccani Accademia nel settore dell’Arte e della Cultura è ampia e diversificata ed è rivolta sia a professionisti sia a giovani laureati. I Master Exhibition Design & Management, Economia e Management delle imprese culturali, Fundrasing Culturale, Diritto e Fiscalità nel mercato dell’arte (part time) e Management dell’Arte e dei Beni Culturali (full time con stage) consentono di acquisire una formazione completa sia per i professionisti che a diverso titolo già operano nel mercato dell’arte sia per coloro che ambiscono a diventare manager culturali.
In Cover, Andy Warhol, Complesso del Vittoriano, mostra a cura di Matteo Bellenghi e prodotta da Arthemisia, Roma, 2018